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Cessione pacchetto pazienti dello studio dentistico

Cessione pacchetto pazienti dello studio dentistico

La cessione del pacchetto pazienti rappresenta un momento cruciale nella vita dello studio dentistico, sia che avvenga per passaggio generazionale che per vendita. La cessione pacchetto clienti non è solamente una transazione commerciale, ma un passaggio delicato che garantisca la continuità della cura e la fiducia dei pazienti. In questo articolo, esploreremo le strategie e le considerazioni chiave per una transizione efficace e responsabile del pacchetto clienti.
La cessione del pacchetto pazienti è una soluzione più semplice della cessione dello studio, che invece è irta di problemi.

Clienti o pazienti dello studio dentistico

Prima di addentrarci nell’argomento, vediamo se è più giusto parlare di pacchetto clienti o pacchetto pazienti.  

Nel contesto di uno studio odontoiatrico, i termini “clienti” e “pazienti” possono essere utilizzati per riferirsi a gruppi di persone leggermente diversi, sebbene siano spesso usati in modo intercambiabile. Ecco le differenze chiave:

Sostanzialmente, un “paziente” è sempre un “cliente”, ma un “cliente” non diventa un “paziente” fino a quando non si impegna in una relazione clinica con lo studio odontoiatrico. In un contesto professionale, è importante riconoscere e rispettare queste differenze per garantire che la comunicazione e l’interazione siano appropriate e rispettose del ruolo e delle aspettative di ciascuno.

Noi di Spaziodentista parleremo di pazienti e non di clienti.

La cessione dello studio professionale e l’avviamento

La cessione di uno studio odontoiatrico è un processo complesso che comporta non solo la vendita di beni tangibili, ma anche il trasferimento di elementi non tangibili ma altrettanto preziosi quali il know how, l’organizzazione, la relazione personale tra professionisti e pazienti. 

Ma quando trattiamo l’argomento della cessione di beni non tangibili nello studio professionale, parliamo di avviamento? 

Possiamo subito dire che la cessione dello studio professionale è un’operazione giuridicamente ben distinta e di altra natura rispetto alla cessione dell’azienda. L’inesistenza di azienda dovrebbe trascinare anche l’inesistenza del concetto di avviamento. Ma è proprio così?

Prima di approfondire la relazione tra cessione di studio e avviamento, scopriamo la definizione di questo concetto con il principio contabile n. 24. L’avviamento consiste nell’ “attitudine di un’azienda a produrre utili in misura superiore a quella ordinaria, … in virtù dell’organizzazione dei beni in un sistema efficiente ed inidoneo a produrre utili”.

L’Agenzia delle Entrate sostiene la  incompatibilità  tra avviamento e cessione di studio mentre la giurisprudenza, per contro, ha effettuato un’analisi più dettagliata con risultati più sfumati.

Vediamo la posizione dell’Agenzia delle Entrate. Nella risoluzione ministeriale n. 108/E del 29 marzo 2002 “nell’esercizio dell’attività professionale i vantaggi economici connessi alla clientela sono direttamente ed esclusivamente riconducibili alla figura del professionista”. L’AdE esclude che “la capacità professionale di attrarre clientela possa essere assimilata ad un “bene immateriale” autonomamente trasferibile”.  In breve i vantaggi economici dipendono dallo stretto legame professionista-paziente e con ciò si avverte la distanza siderale dal concetto di avviamento che rimane, di residuo, connesso all’azienda.

Vediamo adesso la giurisprudenza. La Corte Costituzionale, con la Sent. 42/1980 la trattato la questione quando si è imbattuta sull’Ilor.   Il giudice ha richiamato la differenziazione tra l’attività d’impresa e quella professionale e delle specifiche modalità mediante le quali l’attività stessa è effettivamente svolta. Con la Sent. 156/2001 lo stesso giudice, questa volta il tema Irap, ha ulteriormente chiarito “che mentre l’elemento organizzativo è connaturato alla nozione stessa di impresa, altrettanto non può dirsi per quanto riguarda l’attività di lavoro autonomo, ancorché svolta con carattere di abitualità, nel senso che è possibile ipotizzare un’attività professionale svolta in assenza di capitali o lavoro altrui”. In sostanza la Corte finisce per distinguere l’esercizio della libera professionale “normale” da quella “organizzata”. L’esercizio normale della professione è caratterizzata dalla scarsa significatività del patrimonio e dell’organizzazione. In questo caso non vi sono i requisiti di sussistenza dell’azienda e tanto meno dell’avviamento in sede di cessione. 

Altro discorso invece vale per lo studio professionale “organizzato” dove riemerge la natura “aziendale” dello studio e con esso l’avviamento al momento della cessione. Al merito la Corte di Cassazione, sez. II civile nr 5848  ha precisato “E’ giuridicamente configurabile la cessione di uno studio professionale insieme con il suo avviamento, in quanto questo non si identifica con la clientela (che ne costituisce solo un elemento) il cui trasferimento sarebbe impossibile sotto il profilo giuridico, ma consiste in una qualità del detto studio, il quale viene ceduto quale complesso di elementi organizzati per l’esercizio dell’attività professionale, munito dell’attributo essenziale e necessario costituito dall’avviamento”. Proprio in tema di attività medica la Suprema Corte, n. 11869/2002 precisava “ che gli studi professionali … possano anche essere organizzati in forma di azienda cd. professionale. Ciò si ha tutte le volte in cui al profilo personale dell’attività si affianchino una organizzazione di mezzi, di strutture diagnostiche e terapeutiche, un numero di titolari e di dipendenti, una rilevante ampiezza dei locali adibiti all’attività medico diagnostica tali che il fattore organizzativo e l’entità dei mezzi impiegati sovrasti l’attività professionale del (dei) titolare ”

La cessione del pacchetto pazienti

Ma se lo studio professionale diciamo “normale” non genera “avviamento”, cos’è mai il pacchetto pazienti? Ancora la medesima Agenzia delle Entrate risponde esaustivamente alla nostra domanda “tramite la fattispecie in esame (n.d.r. la cessione del pacchetti clienti) si viene ad instaurare, di fatto, tra i due professionisti un rapporto di tipo obbligatorio nel quale il professionista cd. “cedente” a fronte del compenso percepito, si assume l’impegno di favorire il soggetto subentrante nella prosecuzione del rapporto con i propri vecchi clienti”.

Ecco chiarito cosa è la cessione del pacchetto pazienti. E’ un insieme di obbligazioni di fare, non fare, permettere del cedente quali:

  • la rinuncia all’esercizio dell’attività, ovvero l’astensione dalla concorrenza con il cessionario;
  • l’impegno a favorire la prosecuzione del rapporto tra i vecchi clienti con il nuovo soggetto.

La tassazione della cessione del pacchetto pazienti

La tassazione della cessione del pacchetto pazienti è ben delineato dalla normativa fiscale. L‘articolo 54, comma 1-quater, del Tuir  statuisce la concorrenza alla formazione del reddito del corrispettivo percepito a seguito di cessione della clientela. La norma, inserita nel testo unico nel 2006, è chiara sulla tassazione di tali corrispettivi. Precedentemente l ‘Agenzia delle Entrate  – risoluzione n. 108/E del 2002 – riteneva che  tali compensi costituissero redditi diversi e non li comprendeva nell’attività professionale. Dal 2006  i corrispettivi  da cessione di pazientela sono proventi di lavoro professionale

L’articolo 17 del Tuir, lettera g-ter) stabilisce inoltre un regime di tassazione separata dei corrispettivi in questione, purché percepiti in unica soluzione. 

Sul punto la circolare n. 11/E afferma che la tassazione separata si applica anche nel caso in cui il corrispettivo sia percepito in più rate, ma nello stesso periodo di imposta.

La tassazione del pacchetto clienti della società odontoiatrica

Quando il pacchetto clienti è ceduto da società odontoiatrica, vi è il dubbio se la cessione del pacchetto clienti possa essere equiparata a cessione di ramo d’azienda oppure semplicemente a singolo bene immateriale. La distinzione, ai fini delle imposte indirette, è molto importante. Nel primo caso la cessione sarebbe da assoggettare all’imposta di registro con l’aliquota proporzionale del 3%,  nel secondo caso ad Iva con l’aliquota del 22%.L’Agenzia delle Entrate con Risposta n. 466 /2019 prospetta la cessione di un “portafoglio clienti” quale cessione di un singolo bene e non come cessione di ramo d’azienda. L’argomentazione dell’Agenzia delle Entrate convince laddove precisa “La clientela rappresenta una componente del valore dell’avviamento definito appunto “portafoglio clienti” che può essere trasferito integralmente anche in modo separato dall’azienda, in quanto suscettibile di autonoma valutazione economica”.

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