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Compenso collaboratori e costi fissi: come trovare l’equilibrio

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Oggi in Compenso collaboratori e costi fissi: come trovare l’equilibrio trattiamo del tema della corretta remunerazione dei collaboratori, in quanto ad oggi è diventato un argomento centrale per molti studi odontoiatrici, soprattutto per quelli che stanno valutando il passaggio da studio individuale a società. Una trasformazione sempre più accessibile grazie al Decreto Legislativo 192/2024, che consente il passaggio in neutralità fiscale, favorendo una crescita strutturale più solida e trasparente.

Ma proprio in questa fase cruciale, molti odontoiatri iniziano a interrogarsi – spesso per la prima volta – sull’effettivo impatto economico dei compensi riconosciuti ai collaboratori. È un’analisi fondamentale, che spesso fa emergere squilibri latenti nella sostenibilità complessiva dello studio

Indice

Compensi collaboratori e sostenibilità economica dello studio

Come affrontiamo spesso su spaziodentista.it, l’equilibrio economico di uno studio dentistico è più complesso di quanto sembri, e non sempre chi lo gestisce ne ha piena consapevolezza. Un compenso eccessivo ai collaboratori – anche se motivato da ottime intenzioni – può compromettere la redditività generale, generando squilibri non solo nella singola branca clinica (ASA), ma nell’intero studio.

La soglia fisiologica: mai oltre il 35%

In odontoiatria esistono parametri consolidati: il compenso al collaboratore non dovrebbe mai superare il 35% del prezzo applicato al paziente. Superare questa soglia mette a rischio la copertura dei costi fissi, delle spese generali e della giusta remunerazione del titolare.

Ma perché gli aziendalisti insistono sulla soglia del 35%?

La questione è tecnica, ma provo a renderla il più semplice possibile. Ogni studio ha dei costi fissi, ovvero spese che sostieni indipendentemente dal numero di prestazioni effettuate. Alcuni di questi costi sono indiretti, cioè riguardano l’intero studio (come l’autoclave, le utenze, la segreteria, il commercialista, il consulente del lavoro). Altri, invece, sono diretti, legati a specifiche branche cliniche: ad esempio, una poltrona dedicata esclusivamente alla conservativa o uno scanner intraorale usato solo in ortodonzia.

Esempio pratico – Compenso collaboratori e costi fissi: come trovare l’equilibrio

Supponiamo che tu offra una prestazione al prezzo di 100 euro. I costi fissi associati siano pari a 40 euro. A questi vanno aggiunti i costi variabili, cioè quelli che cambiano in base al numero di prestazioni erogate – come materiali di consumo (guanti, anestetici, impronte) o dispositivi specifici (protesi, impianti). Anche il compenso del collaboratore rientra tra i costi variabili. Supponiamo che, per ogni prestazione, il collaboratore costi 35 euro e gli altri costi variabili ammontino a 15 euro. Il costo totale della prestazione sarà quindi 40 (fissi) + 15 + 35 = 90 euro.

Il margine residuo, in questo caso, è solo di 10 euro. È un margine esiguo, che lascia poco spazio a investimenti, accantonamenti o remunerazione del titolare.

Ecco perché ha senso affermare che superare la soglia del 35% per il compenso del collaboratore può erodere pericolosamente i margini dello studio, mettendo a rischio la sostenibilità economica complessiva e la capacità del titolare di remunerarsi in modo adeguato.

Come individuare il giusto compenso per i collaboratori?

Determinare un compenso equo e sostenibile per i collaboratori è possibile solo se conosci a fondo i costi reali del tuo studio. Questo processo prende il nome di controllo di gestione: una metodologia aziendale che ti consente di prendere decisioni basate su numeri, non su sensazioni.

Senza un controllo di gestione attivo, non è possibile definire un pricing corretto, né tantomeno valutare quanto pagare un collaboratore senza compromettere l’equilibrio dello studio.

Il nostro approccio: la due diligence per studi odontoiatrici

Per aiutare gli odontoiatri a fare scelte consapevoli, noi di spaziodentista abbiamo sviluppato una due diligence specifica per studi odontoiatrici. Stiamo testando questo approccio con successo su numerose realtà.

Da queste esperienze emerge con chiarezza: superare il 35% porta squilibri strutturali. Non solo nella singola branca clinica, ma a livello di bilancio generale, con ricadute in termini di stress finanziario, margini erosi e difficoltà nel pianificare investimenti futuri.

Gli errori più comuni nel calcolo dei costi

Anche gli studi più attenti possono commettere due errori comuni:

  1. Non considerare il costo implicito del titolare: solo perché non lo vedi in contabilità, non significa che non esista. Ignorarlo porta a sovrastimare i margini reali.
  2. Dimenticare i contributi ENPAM del titolare: anche questi vanno considerati nei costi totali, altrimenti la fotografia economica dello studio sarà falsata.

In conclusione, un controllo di gestione solido è lo strumento chiave per ogni odontoiatra che vuole guidare il proprio studio con consapevolezza. Solo conoscendo davvero la struttura dei costi è possibile definire una strategia di pricing efficace e remunerazioni sostenibili per i collaboratori, in linea con la crescita e la visione futura dello studio.

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